
Beatitudini
Gesù, vedendo le folle, salì sul monte e, postosi a sedere, i suoi discepoli si accostarono a lui. Ed egli, aperta la bocca, insegnava loro dicendo:
“Beati i poveri in spirito, perché di loro è il regno dei cieli.
Beati quelli che fanno cordoglio, perché saranno consolati.
Beati i mansueti, perché erediteranno la terra.
Beati quelli che sono affamati e assetati di giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché a essi misericordia sarà fatta.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati quelli che s'adoperano alla pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per motivo di giustizia, perché di loro è il regno dei cieli.
Beati voi, quando vi oltraggeranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro di voi ogni sorta di male per causa mia. Rallegratevi e giubilate, perché il vostro premio è grande nei cieli; poiché così hanno perseguitato i profeti che sono stati prima di voi (Matteo 5,1-12)
Le beatitudini si trovano all'inizio del discorso di Gesù detto "sulla montagna". Malgrado l'importanza e la centralità di questo discorso - e delle beatitudini in particolare -, esso è stato messo da parte e spesso ignorato nella tradizione cristiana. Le beatitudini sono state eliminate dalla scena pubblica, sottratte alla vita dei credenti, tanto che si può parlare di parole che sono state rubate alla cristianità.
In che modo sono state rubate? Il primo, affermando che sono parole che non si applicano alla vita sociale e politica: la vita dei popoli si regola secondo leggi razionali, mentre l'insegnamento radicale di Gesù deve essere riferito soltanto alla vita morale e spirituale dei singoli cristiani. Sono parole che valgono in ambito privato, ma non in ambito pubblico.
Il secondo, affermando che le parole di Gesù sono troppo difficili perché tutti possano vivere secondo quanto esse indicano; di conseguenza bisogna prenderle come consigli evangelici per quelli che vogliono raggiungere la perfezione cristiana, cioè per ordini religiosi e confraternite monastiche... gli altri credenti si accontentino di osservare i comandamenti più semplici: non rubare, non uccidere.
Il terzo, affermando che si tratta di una realtà solo futura, lontana, remota. Per fare un esempio, nel Credo niceno-costantinopolitano, il grande Credo ecumenico della chiesa antica, l'unica cosa che si dice del regno di Dio è che "verrà". Mentre Gesù annuncia un regno che è vicino, è in mezzo a voi, e persino “dentro di voi", il Credo afferma che esso è lontano.
Ma chiediamoci ora che cosa significa il termine "beatitudine", "beato".
È giusto tradurre con "beati" la parola utilizzata da Gesù per inaugurare la sua predicazione del regno, "makarios"? Forse no, perché "beato" evoca un orizzonte ultraterreno che non è l'orizzonte di Gesù. La traduzione migliore sarebbe "felice". Gesù annuncia una felicità, una grande gioia, come quando si riceve una buona notizia, o come quando si fa una bella esperienza. Le beatitudini sono un invito alla felicità.
E qui non possiamo non osservare che proprio la felicità è spesso assente nella vita della chiesa di oggi, forse la cosa che manca di più, il più grande deficit.
E c'è un altro aspetto che merita di essere segnalato. André Chouraqui, nella sua traduzione della Bibbia, traduce "makarios" con "in piedi", cioè "in cammino". Beati non rende l'aspetto di mobilitazione che è presente nella parola di Gesù. In marcia, sveglia, in piedi, in cammino. È arrivata l'ora, il regno è vicino. Le beatitudini sono una convocazione di donne e di uomini chiamati a manifestare la vicinanza del regno e a vivere la felicità data dall'entrare nell'opera di Dio.
E ancora, in un'epoca in cui "beati" erano solo dèi, imperatori e i defunti, Gesù proclama "beati" persone comuni, semplici credenti, persone viventi. Si potrebbe dire, paradossalmente, che c'è voluto il cristianesimo per ributtare fuori ciò che Gesù ha introdotto, per disinnescare ciò che Gesù ha acceso, per eliminare ciò che Gesù ha evidenziato.
L'argomento da sempre usato per relativizzare e anche respingere il discorso di Gesù, è l'accusa di irrazionalità: la vita dei popoli, ma anche quella dei singoli, si regolerebbe secondo leggi razionali, il "buon senso", mentre Gesù direbbe cose irrazionali, contrarie appunto al "buon senso".
Ma dov'è tutta questa razionalità del mondo? Della vita civile? Della vita sociale? Non è piuttosto vero che siamo noi a essere irrazionali? Noi che continuiamo a fare guerra, a distruggere la natura, a dimostrarci disumani?
E invece, qual è la razionalità del discorso della montagna? È indicata dopo le beatitudini (Mt 5,44): "Ma io vi dico, amate i nemici".
Questa è la razionalità e la sapienza del discorso di Gesù, che si contrappone alla nostra razionalità, alla nostra sapienza, che così spesso ricorre - per puntellarsi - alla forza e alla violenza, all'oppressione e all'indifferenza.
La razionalità di Gesù, che sorpassa ogni intelligenza, è l'amore: una politica basata sull'amore, un'etica basata sull'amore, una strategia per la soluzione dei conflitti basata sull'amore... Di questo parla e questo vive Gesù, questa è la razionalità che Gesù indica anche a noi.
Dopo quasi duemila anni di cristianesimo, abbiamo sempre ancora molta strada davanti a noi da percorrere... A meno che non vogliamo percorrere i sentieri conosciuti, finora applicati da troppo cristianesimo, che ha fatto a meno della sapienza di Gesù.
Le parole di Gesù aprono alla fiducia, invitano alla fiducia, chiedono di essere ascoltate oltre gli stretti confini dove sono state rinchiuse. È ora che tornino a risuonare, per tutti, in tutti, anche in noi. Per metterci in cammino... perché quelle parole chiedono di essere messe in pratica.