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Viva la mamma

Onora tuo padre e tua madre, affinché i tuoi giorni siano prolungati sulla terra che l'Eterno, il tuo Dio, ti dà. (Esodo 20,12)

Oggi, seconda domenica di maggio, è la Festa della Mamma. È un’occasione della quale non si può non parlare, credo.
Tuttavia, vi devo dire che faccio un po’ fatica a parlarne. Faccio un po’ fatica perché questa festa, come altre, è un appuntamento obbligato, un giorno nel quale si devono fare gli auguri, ci si deve presentare con un mazzo di fiori, si deve seguire un determinato rituale, oggi soprattutto commerciale. E mi viene da chiedere che cosa ci sia, veramente, dietro la facciata un po’ kitsch di questa festa.

Che cosa ci diciamo, in questo giorno, di che cosa parliamo in realtà, che cosa festeggiamo? Chi è la donna, chi sono le donne di cui oggi celebriamo o diciamo di celebrare la festa? Forse ve lo chiedete anche voi. O forse non osate chiedervelo perché non sta bene. O forse non ve lo chiedete affatto e pensate che le cose vanno bene così come sono.

Per carità, non è che si debba per forza cercare sempre ciò che non va nelle cose che facciamo. Però sarebbe bene ricordare che la Festa della Mamma ha delle radici anche discutibili. Se guardiamo all’Italia, i primi a celebrare la festa furono i fascisti, nel 1933, e premiarono le madri più prolifiche d'Italia. Dopo la Seconda guerra mondiale, a rilanciare l’idea e a portarla addirittura in parlamento affinché la festa venisse istituita per legge furono il sindaco di Bordighera e senatore Raoul Zaccari, e Giacomo Pallanca, presidente dell'Ente Fiera del Fiore e della Pianta Ornamentale di Bordighera-Vallecrosia. Gli uni intendevano celebrare le famiglie numerose, i tanti figli da poter mandare in guerra; gli altri intuivano il potenziale commerciale, legato al commercio dei fiori, della Festa della Mamma.

Meno male che la Festa della Mamma ha anche un’altra origine, che possiamo individuare negli Stati Uniti, dove alla fine dell’800 furono alcune donne - legate agli ambienti pacifisti - a proporre l’istituzione di una giornata festiva. Più precisamente, nel maggio 1870 - cinque anni dopo la fine della guerra civile americana - fu Julia Ward a lanciare l’idea di istituire una Giornata della madre per la pace.

L’iniziativa di Julia Ward non ebbe molto successo, ma fu ripresa da una sua amica, Ann Jarvis, insegnante in una scuola domenicale metodista della Virginia. Pacifista e femminista, Ann Jarvis riuscì a diffondere l’idea di celebrare il contributo dato dalle madri al benessere della società. Già all’età di dodici anni, dopo avere ascoltato un discorso di sua madre sulle “madri della Bibbia”, disse: “Spero e prego che qualcuno, prima o poi, possa intitolare un giorno di festa alla mamma, giorno che possa commemorarla per il servizio impareggiabile che ella rende all'umanità in ogni campo della vita. Ha diritto a questo.” Nel maggio del 1908, in Virginia, venne celebrata la prima giornata in onore delle madri.
Sei anni più tardi, nel 1914, il presidente americano Woodrow Wilson proclamò la seconda domenica di maggio “giornata dell’amore e della riconoscenza nei confronti di tutte le madri nel nostro paese”. Punto. Da allora la consuetudine si è diffusa un po’ ovunque, in Europa, ma anche in altri paesi. E buona festa a tutte le mamme.

Senza dimenticare però che nel 1943, Ann Jarvis iniziò a raccogliere firme a sostegno di una petizione per l’abolizione della Festa della Mamma, divenuta, a suo dire, una ricorrenza troppo commerciale. Chiusa la parentesi storica.

Ricordare le mamme potrebbe però anche essere occasione per riflettere sul fatto che siamo, tutti quanti, figli e figlie; che facciamo parte di un flusso di generazioni che si succedono, le une dipendenti dalle altre, le une legate alle altre. La generazione che ci precede è responsabile nei nostri confronti, a nostra volta siamo responsabili nei confronti di chi ci ha preceduto e di chi ci segue. O sbaglio?

In effetti da più parti la solidarietà tra le generazioni è messa in dubbio. Responsabilità e rispetto tra le generazioni sono termini che servono sempre meno, sono comunque oggetto di discussione, risentono delle forti spinte a giudicare l’essere umano solo più in termini di produttività e di costi. Per i vecchi non abbiamo più posto nelle nostre case, per i bambini non abbiamo più tempo nelle nostre agende né denaro nei nostri budget. E ci illudiamo di poter ripagare il contratto tra le generazioni solo col denaro.

Certo, viviamo in un’epoca nella quale i rapporti tra le generazioni subiscono continue trasformazioni, sono continuamente sottoposti a revisione. Non è auspicabile il ritorno a modelli passati, di sottomissione dei figli ai genitori. Non si tratta di riprendere il comandamento che prescrive di onorare padre e madre leggendolo, come è stato fatto, in chiave di ubbidienza unilaterale dei figli. Quel comandamento comprende anche un’esortazione implicita, rivolta ai genitori, a rispettare l’autonomia dei figli. Non richiede una reciproca sottomissione, ma il rispetto da entrambe le parti.

In conclusione, questa giornata potrebbe essere un momento di riflessione e verifica del modo in cui intendiamo i rapporti tra le generazioni: per riscoprire l’importanza di dare all’altro ciò che gli spetta, senza sottomettersi ossequiosamente, né accondiscendendo a ogni sua richiesta, ma prendendolo sul serio.