Paziente attesa
Alcuni farisei rivolsero a Gesù questa domanda:
- Quando verrà il regno di Dio?
Gesù rispose:
- Il regno di Dio non viene in modo spettacolare. Nessuno potrà dire: 'Eccolo qua' oppure 'Eccolo là', perché il regno di Dio è già in mezzo a voi.
Poi disse ai suoi discepoli: 'Verranno tempi nei quali voi desidererete vedere anche solo per poco il Figlio dell'uomo che viene, ma non lo vedrete. Allora molti vi diranno: 'Eccolo qua', oppure: 'Eccolo là', ma voi non muovetevi! Non seguiteli! Perché come il lampo improvvisamente splende e illumina tutto il cielo, così verrà il Figlio dell'uomo nel suo giorno. Prima, però, egli deve soffrire molto. Sarà rifiutato dagli uomini di questo tempo.
'Come accadde ai tempi di Noè, così avverrà anche quando tornerà il Figlio dell'uomo. Si mangiava e si beveva anche allora. C'era chi prendeva moglie e chi prendeva marito, fino al giorno nel quale Noè entrò nell'arca. Poi venne il diluvio e li spazzò via tutti. Lo stesso avvenne al tempo di Lot: la gente mangiava e beveva, comprava e vendeva, piantava alberi e costruiva case, fino al giorno in cui Lot uscì da Sòdoma: allora dal cielo venne fuoco e zolfo, e tutti furono distrutti.
'Così succederà anche nel giorno in cui il Figlio dell'uomo si manifesterà. (Luca 17,20-30)
Molte persone, in Israele, aspettavano l’avvento degli ultimi tempi, la fine del mondo, la venuta del Messia, l’irruzione del Regno di Dio. Anche tra i farisei, appartenenti a una corrente religiosa seria e impegnata, era diffusa una viva attesa messianica.
Alcuni di loro, avendo riconosciuto in Gesù un maestro degno di ascolto, un profeta, o un nuovo Giovanni Battista, gli rivolgono una precisa domanda. Tu che la sai lunga, dicci, quando verrà il Regno tanto atteso?
Gesù dà loro una risposta che disorienta e che, nei secoli successivi, ha fatto scorrere fiumi d’inchiostro. “Il Regno di Dio – dice Gesù – non viene in modo da attirare gli sguardi perché – e qui viene il difficile, leggendo il testo greco del Nuovo Testamento – è “entòs hymòn”.
Queste due parole greche hanno suscitato molti dibattiti. Esse possono infatti essere tradotte in due modi, entrambi corretti, entrambi legittimi, molto diversi tra di loro. La prima possibile traduzione è: “il Regno di Dio è in mezzo a voi”. Mentre la seconda è: “il Regno di Dio è dentro di voi”.
A prima vista la seconda lettura sembra la più evidente, la più sensata. È anche quella che, nel corso dei secoli, e fino a oggi, ha ottenuto i maggiori consensi.
Propende per questa lettura già il Vangelo [apocrifo] di Tommaso, che restituisce le parole di Gesù, modificandole, più o meno così: “Il Regno di Dio non è in cielo, perché in questo caso gli uccelli del cielo vi precederebbe; ma non è neanche nel mare, perché allora sarebbero i pesci a precedervi. No, il Regno di Dio è dentro di voi”.
Dello stesso avviso sono anche alcuni padri della chiesa, come Cirillo di Alessandria, e più tardi Beda il Venerabile.
È celebre il motto di Sant'Agostino: “Non andare nell’esteriore, rientra in te stesso; la verità abita nell'interiorità dell'uomo”. Da buon agostiniano, Martin Lutero si è mantenuto anch’egli nella stessa linea: “Il Regno di Dio”, dice, è “in animis vestris”.
In tempi più vicini al nostro, anche lo scrittore russo Leone Tolstoj abbraccia questa interpretazione in un saggio intitolato proprio “Il regno di Dio è in voi”.
Di fronte a tante voci che concordano su di un punto cruciale, e cioè che la venuta del Regno di Dio è un fatto interiore, verrebbe voglia di accettare questa linea.
Viviamo oltretutto in un tempo di estrema superficialità, di materialismo banale e ingiusto, di esteriorità spinta all’eccesso: un tempo che spesso appare senza cuore e senza memoria. Sembra dunque appropriato ribadire, oggi, che il Regno di Dio è un avvenimento interiore.
Rileggendo l’episodio dell’incontro tra Gesù e i farisei, riferito da Luca, collocato nel suo contesto, possiamo tuttavia trovare validi argomenti anche a favore dell’altra traduzione dell’espressione “entòs hymòn”, quella che in italiano rende “il Regno di Dio è in mezzo a voi”.
Cominciamo col considerare le espressioni che, secondo l’evangelista Luca, Gesù avrebbe usato rivolgendosi a dei farisei. “Voi vi preoccupate di pulire la parte esterna del bicchiere e del piatto, ma all'interno siete pieni di furti e di cattiverie” (Luca 11,39); e ancora: “Siete come sepolcri che non si vedono” (Luca 11,44). E non dimentichiamo le parole dette da Gesù ai suoi discepoli: “Tenetevi lontani dal lievito dei farisei, dalla loro ipocrisia” (Luca 12,1).
Alla luce di quei giudizi taglienti, sembra difficile attribuire a Gesù l'idea che esista nell'essere umano un luogo, un ambito, una sfera interiore che possa facilmente mettersi in contatto con Dio, e col suo Regno.
A costo di apparire sfrontati, e riconoscendo la spericolatezza dell’accostamento, potremmo riprendere un tormentone del comico italiano Corrado Guzzanti, il quale, in una delle sue battute più fulminanti, ripeteva: “Le risposte, non le devi cercare fuori, la risposta è dentro di te. Epperò è sbagliata”.
Che cosa ha voluto dire Gesù affermando che “il Regno di Dio è in mezzo a voi”? L’impressione è che Gesù stia parlando di sé stesso. Alcuni capitoli prima, egli aveva infatti già affermato: “Se è con l'aiuto di Dio che io scaccio i demòni, allora vuol dire che è giunto per voi il regno di Dio.” (Luca 11.20).
Commentando questo episodio, il teologo svizzero Karl Barth non ha avuto dubbi: il Regno di Dio è in mezzo a voi in quanto Gesù è in mezzo a voi: “Gesù stesso è il Regno in persona”.
Sembra tutto chiaro: il Regno è Gesù, la sua parola e i suoi gesti di liberazione. Il pensiero va alle parole di Gesù riferite dall’evangelista Matteo: “Dovunque due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Matteo 18,20).
Ma è una chiarezza che si mostra solo a sprazzi, interrotta da passaggi nebbiosi. Che cosa leggiamo infatti? Leggiamo che il Messia dovrà “soffrire molto e sarà rifiutato dagli uomini di questo tempo”, e che chi crede in lui andrà incontro a tempi incerti: “Verranno tempi nei quali desidererete vedere anche solo per poco il Figlio dell'uomo che viene, ma non lo vedrete.”
Sono parole che si adattano bene alla nostra epoca, un tempo in cui crollano certezze, nascono dubbi, e sorgono improvvisi entusiasmi dettati dall’impazienza. “Allora molti vi diranno: 'Eccolo qua', oppure: 'Eccolo là', ma voi non muovetevi! Non seguiteli! Perché come il lampo improvvisamente splende e illumina tutto il cielo, così verrà il Figlio dell'uomo nel suo giorno”.
Gesù sembra preoccuparsi soprattutto di quella tendenza, sempre presente, a trasformare l'attesa del Regno in un insieme di falsi allarmi, di calcoli avventati, di confusione tra le nostre battaglie e le battaglie di Dio.
No, la risposta di Gesù non lascia posto per facili entusiasmi, per trionfalismi, per fanatismi di qualsiasi genere. La via si presenta aspra e insidiosa, per procedere occorrono respiro lungo e sguardo acuto, capace di vedere oltre la superficie, oltre le apparenze.
Per ribadire questo, Gesù si riferisce a due episodi dell'antica narrazione biblica: il diluvio e la distruzione di Sodoma.
Gesù non cita quegli episodi per stigmatizzare i vizi di quella gente: dice che mangiavano, bevevano, si sposavano e (nel caso di Sodoma) commerciavano, piantavano alberi e costruivano case. Il loro peccato non era il vizio, comunque ben presente, bensì il cedere alla seduzione della normalità: vivere come se il mondo (e noi in esso) fosse eterno, mentre è provvisorio. Perciò il giudizio di Dio (acqua, fuoco) li colse di sorpresa.
Analogo giudizio colpisce la nostra epoca: non semplicemente perché è un tempo di violenze e ingiustizie, ma perché considera definitivo ciò che è solo provvisorio: non importa se in Africa crepano di fame, non importa se i prepotenti prevalgono, non importa se le disuguaglianze nella società crescono a dismisura, non importa se le risorse della Terra vengono dilapidate, inquinate, distrutte: quel che conta è godersi avaramente la vita. Questo è il nostro peccato. È su questa stoltezza che piove il giudizio di Dio.
I credenti però non temono quel giudizio: come nei “tempi di Noè”, come nei “tempi di Lot”, essi si sentono a disagio, soli come Noè e Lot. Nell’attesa, sanno che, quando il Regno verrà, ci sarà la conferma del fatto che avevano fatto bene a considerare la passione del Messia come il centro della vicenda umana, e a regolarsi di conseguenza, cioè a vivere in una dimensione di fede, speranza e amore.
In fondo, non è questo l'essenziale della nostra fede e la base del nostro impegno?